Partenza sabato 2 agosto da Malpensa, volo della Delta per Pittsburgh con scalo di 2 ore a New York. Le due ore di scalo sono il minimo indispensabile per sbrigare tutte le procedure di ingresso negli Stati Uniti, noi siamo riusciti a prendere la coincidenza al volo solo perché ai controlli facevano passare avanti le persone a seconda del volo di coincidenza e grazie anche al fatto che all’immigration point l’aver avuto il passeggino con Lorenzo ci ha fatto passare davanti a tutti gli altri.
Se avete dei bimbi con voi potete richiedere alla compagnia aerea il baby cot, ossia la cullina da aereo, utilizzabile nelle prime file centrali. Noi sapevamo che Lorenzo era un po’ fuori quota per Delta ( di solito il peso massimo consentito è fino ai 9/10 kg, Lorenzo era sugli 11 e mezzo ) ma avevamo provato a fare richiesta sia in fase di emissione biglietti sia al check in e ci hanno assegnato i posti davanti con la culla. Lorenzo purtroppo non ne ha voluto assolutamente sapere di dormire nella culla ma almeno avevamo dei posti abbastanza larghi e quindi lui poteva stare spesso in piedi. Un consiglio spassionato? Anche senza baby cot, su Delta valutate l’upgrade a “economy comfort” se viaggiate con un bimbo in braccio! Fare 8/9 ore di volo con un bimbo in braccio nei posti “comuni” è una cosa che sconsiglio. L’upgrade sulla tratta Milano-NY è costata 74 € a persona ( noi lo abbiamo usato al ritorno ), onestamente la raccomando.
Altra piccola nota: se avete un bimbo in braccio significa che per lui non è previsto alcun pasto, quindi regolatevi in tal senso. E’ comunque possibile far passare ai controlli del cibo per il bimbo, quindi potete anche portare qualcosa da casa senza doverlo acquistare in aeroporto (e pagarlo tre volte il suo prezzo).
Per quanto riguarda i nostri voli, Lorenzo ha dormito un’ora scarsa in totale all’andata e circa 3 ore al ritorno, probabilmente elettrizzato dalla novità di quello che stava vivendo (aveva già volato a sei mesi ma era ovviamente diverso), ma anche così è stato un viaggio assolutamente fattibile, è bastato giocare un po’ e andare ogni tanto a spasso nel corridoio.
2/3 AGOSTO
A Pittsburgh ritiriamo la nostra auto (categoria midsize suv, una Ford Escape praticamente nuova!) e dopo un po’ di peripezie per montare il seggiolino per Lorenzo ( le compagnie di noleggio NON montano i seggiolini auto perché non vogliono responsabilità in caso di errori… lasciamo stare ogni tipo di commento!) ci dirigiamo al Motel che avevamo già prenotato online (La Quinta Inn Airport, 102 $ colazione compresa per una spaziosa camera con due letti king size ). La scelta di pernottare vicino all’aeroporto dipende dal fatto che non visiteremo Pittsburgh ma partiremo subito alla volta dei grandi laghi, direzione Sandusky, dove ci attende Cedar Point (www.cedarpoint.com) un’incredibile parco divertimenti con alcune delle montagne russe più alte e veloci degli Stati Uniti. Arriviamo a Sandusky nel pomeriggio e sfruttiamo la piscina dell’albergo (Comfort Inn prenotato su Booking, $ 238,00 per due notti, camera con 2 letti matrimoniali e colazione ) per concederci un po’ di relax e per far divertire Lorenzo tra tuffi e bagnetto.
4 AGOSTO
Alle 9:45 siamo già ai cancelli del parco per ritirare i nostri biglietti e il braccialetto della fast Lane di Gianni. Il biglietto di ingresso al parco costa circa 50$ (Lorenzo entra gratis ) ma se siete degli amanti delle Rollercoast vi consiglio di acquistare anche la Fast Lane per $ 60 (disponibile anche in versione Plus a $80) che vi permette di saltare le code che in alcune attrazioni sono veramente molto lunghe. Io sono una fifona patentata e già sapevo che le montagne russe le avrei viste solo da sotto, Gianni invece ha sfruttato al meglio la sua Fast Lane regalandosi le corse più mozzafiato che abbia mai fatto. Cedar Point entusiasma ed elettrizza i grandi, ma offre anche una grandissima varietà di spazi e giochi interamente dedicati ai più piccoli, come ad esempio il planet Snoopy che offre giri su macchinine, trenini, piccole mongolfiere e tanto altro ancora. Io e Lorenzo ci siamo divertiti tantissimo! Se decidete di visitare Cedar Point c’è anche la possibilità di pernottare in alcune strutture al suo interno, che spesso offrono dei pacchetti comprensivi del biglietto di ingresso e vi permettono di rimanere nel parco anche per un periodo dopo l’orario di chiusura e di entrare prima dell’apertura dei cancelli.
Per il pranzo o la cena non preoccupatevi, ci sono un sacco di alternative di qualsiasi tipo, è impossibile non trovare qualcosa di vostro gradimento!
L’esperienza a Cedar Point è stata veramente favolosa, anche per me che non amo le montagne russe… è un parco talmente grande e con strutture talmente impressionanti che è incredibile solo camminare al suo interno. Per chi ama il brivido è invece una tappa imperdibile.
5/6 AGOSTO
Il nostro viaggio prosegue verso est, prossima tappa: Niagara Falls. Anche in questo caso avevamo già prenotato l’albergo su Booking, il Travelodge ad The Falls (319 $ canadesi per due notti, camera con due letti matrimoniali e colazione). Il Travelodge at the Falls è uno dei pochi alberghi vicini alle cascate ad avere parcheggio gratuito in loco, cosa non da poco visto che i parcheggi in zona non sono molto a buon mercato. Arriviamo a Niagara Falls nel tardo pomeriggio e non dal Rainbow Bridge ma passando per Fort Niagara; molte guide avevano sconsigliato l’entrata dal Rainbow Bridge a causa del traffico sempre congestionato… onestamente anche l’ingresso da Fort Niagara è stato abbastanza trafficato, ci abbiamo messo circa un’ora per passare il confine canadese, quindi in questo caso non saprei dirvi se è consigliabile l’una o l’altra scelta. Trovato l’albergo parcheggiamo l’auto e scendiamo a fare due passi lungo la Clifton Hill e appena svoltato l’angolo le vediamo lì… le cascate americane! Se devo essere sincera non pensavo che l’albergo fosse così vicino alle cascate… sono rimasta letteralmente senza fiato, in fondo alla strada si apriva uno degli spettacoli più belli mai visti! Avevo letto pareri discordi sulle cascate, molti dicevano che era ormai impossibile separare natura e urbanizzazione e temevo una delle tante barbarie dell’uomo che cementifica ovunque e senza criterio, invece eccole li… maestose e bellissime! Al di la di quanto è stato costruito sul lato canadese (una Las Vegas in miniatura ), le cascate rimangono uno spettacolo naturale unico. E’ vero che potete sbizzarrirvi a visitarle in ogni modo possibile, dai vari observation point, da dietro la cascata, da sotto sia con il battello che a piedi, ma rimane il fatto che comunque vogliate visitarle, sarete incantanti solo da loro.
Andiamo ad ammirarle in tutto il loro splendore dalla balconata in fondo a Clifton Hill, risaliamo la via per trovare un posto in cui cenare e riscendiamo subito a goderci il panorama con l’illuminazione serale che accende le cascate dei colori dell’arcobaleno.
Il giorno seguente, dopo un’abbondante colazione vista cascate, ci dirigiamo subito versol’Hornblower, il battello che parte dal lato canadese (dal lato americano si chiama Maid of the Mist). Sono circa le 10, non c’è ancora molta gente e in più entro le 10:30 il biglietto costa 2 $ in meno. Mentre siamo in coda per il biglietto leggiamo che quella sera ci sarebbero stati i fuochi d’artificio e decidiamo che alcune cose si fanno una volta sola nella vita, quindi prendiamo sia i biglietti per la mattina sia quelli per la sera, di modo da vedere i fuochi dall’acqua. Facendo i biglietti scopriamo per altro che, acquistando i biglietti per due diverse corse, la seconda corsa si paga la metà, quindi mai scelta fu più azzeccata! La discesa al battello è tramite un ascensore, vengono poi dati i classici impermeabili ( rossi quelli del lato canadese, per Lorenzo versione baby in verde ) e si parte!!! Se avete con voi il passeggino c’è un’area “parcheggio passeggini” proprio sul pontile quindi potete portare il passeggino con voi fino a che non salirete sul battello.
Passare sotto le cascate americane è già uno spettacolo grandioso, ma trovarsi di fronte a quelle canadesi è un’emozione che non si può descrivere, va vissuta e basta. Sembra impossibile che il battello riesca a stare praticamente fermo dentro una corrente simile, eppure sei lì, a bocca aperta, in mezzo a spruzzi, vapore e una cascata d’acqua. Assolutamente da fare!
Finito il giro sull’Hornblower decidiamo di prendere il bus WEGO (comodissimo per gli spostamenti, sconsiglio vivamente di muoversi in macchina a Niagara Falls) e andare al Table Rock per fare il Journey Behind The Falls, un percorso che porta dietro e di fianco la cascata canadese. Purtroppo i tempi di attesa sono molto lunghi (è circa mezzogiorno e si parla di biglietti per le 14:30, ora in cui Lorenzo giustamente riposa ) perciò abbandoniamo il giro dietro le cascate e optiamo per pranzare nei tavolini del Table Rock, proprio sopra le cascate. Ci sono offerte di cibo per tutti i gusti, io scelgo il sushi, Lorenzo pizza ( anche se poi come sempre si è mangiato anche il riso del sushi della mamma ) e hamburger per Gianni. Non mi sarei mai aspettata di pranzare sopra le cascate seduta a dei normalissimi tavolini da fast food, in Italia non abbiamo nulla del genere, eppure eccoci qui! Vassoio, piatti di plastica e rumore delle cascate in sottofondo!
Finito il pranzo ritorniamo in albergo per il pisolo di Lorenzo e usciamo attorno alle 16:30 per andare a visitare le cascate dal lato americano. Passiamo a piedi il Rainbow Bridge(1$ il costo del passaggio e successiva dogana ) e arriviamo a piedi fino al Terrapin Point. Lorenzo gioca e corre mentre papà Gianni si perde nelle foto. Da questo lato è quasi impossibile non notare alberghi e grattacieli del lato canadese, ma sono sempre le cascate ad attirare il nostro sguardo e dopo un po’ è come se non esistesse altro al di fuori di esse.
Per il ritorno prendiamo il Niagara Falls Scenic Trolley – un caratteristico bus aperto simile a un cable car che percorre il Niagara Falls State Park con fermate in molti punti del parco, il costo è di $2 – e poi ripercorriamo a piedi il Rainbow Bridge per tornare in albergo. Per cena decidiamo di fermarci nel terrazzo sopra l’ingresso dell’Hornblower: una cena unica, con pizza, patatine, ottima musica blues suonata da un sosia di Elvis e di fronte a noi, al di la della ringhiera, le cascate!
Attorno alle 21:00 ci dirigiamo verso l’imbarco dell’Hornblower per il giro serale, c’è molta meno gente sul battello rispetto alla mattina e offrono un servizio bar. I fuochi iniziano alle 22:00 precise, per noi che siamo sotto le cascate i fuochi non sono sopra le cascate ma ci troviamo tra le cascate e i fuochi, quindi per guardare i fuochi dobbiamo dare temporaneamente le spalle alle cascate, ma è comunque uno spettacolo meraviglioso.
Finito il giro sull’Hornblower ci fermiamo ancora qualche minuto ad ammirare le cascate illimunate, poi torniamo in albergo… domani ci attende una giornata on the road lungo il Seaway trail.
7/8/9 AGOSTO
Tre giorni inizialmente dedicati al Seaway Trail, un percorso che sulla carta avrebbe dovuto essere una Byways panoramica lungo il lago Ontario e le Thousand Island. La realtà è che è una strada con pochissimi scorci sul lago, per poter vedere la costa bisognerebbe abbandonare la Byway e prendere le deviazioni per ogni paesino e poi ritornare sulla strada. A posteriori non consiglierei di percorrerla tutta come abbiamo fatto noi, a meno che non veniate in autunno e allora sì potrebbe essere spettacolare per l’esplosione di foliage, ma in agosto è per lo più una normale strada a due corsie come se ne incontrano moltissime in questa zona.
La parte migliore, a mio avviso, è quella che va dalle cascate al lago Ontario. Qui si incontra quasi subito Fort Niagara, che merita sicuramente una sosta. E’ un forte del XVII° perfettamente conservato, si possono visitare tutte le strutture e il panorama è davvero spettacolare.
Oltre a Fort Niagara vi segnalerei Alexandria, verso la fine del Seaway Trail, una cittadina vivace e colorata con una vista meravigliosa sulle Thousand Island.
Per quel che riguarda noi il Seaway Trail è stata una grande delusione (soprattutto per me, pianificatrice del viaggio e di cosa c’è da vedere lungo la strada) ed abbiamo deciso di fare più miglia possibili nel corso dei primi due giorni di modo da arrivare a Massena (tappa finale del Seaway Trail) la sera dell’8 agosto e dedicare poi una giornata intera alla nostra strada nel Vermont.
La scelta si è rivelata ottima, il Vermont è un’esplosione di verde e di paesini caratteristici. Percorriamo un tratto della famosa Route 100, una delle più belle scenic drive dello Stato, e per il nostro consueto pranzo al sacco ci fermiamo a mangiare al Lake Carmi State Park, un bellissimo parco poco fuori la Route 105, con tavolini, bagni (sempre pulitissimi), struttura per cambiarsi e una bella spiaggia di sabbia, per la gioia di Lorenzo che anche oggi si è dimostrato un nuotatore provetto!
Come meta possibile per il pernottamento pensiamo a Montpelier, la piccola capitale del Vermont, ma i motel nelle vicinanze sono o completi o decisamente cari per i nostri standard, quindi ci spostiamo di pochissimo e pernottiamo al Quality Inn di Barre (129$ camera con letto king size e lettino per Lorenzo, struttura con piscina e con colazione compresa nel prezzo della camera), un grazioso paesino concentrato lungo la Main Street, dove per cena vi consiglio il Ladder 1 Grill, un ristorante steak house ricavato da una ex stazione dei pompieri.
Per i due pernottamenti lungo il Seaway Trail abbiamo invece optato per la catena Super 8, già provata ed apprezzata nel precedente viaggio sulla costa ovest. Prezzi contenuti e buona qualità delle stanze e dei servizi, ci siamo sempre trovati benissimo.
10-13 AGOSTO: NEW HAMPSHIRE
Oggi la nostra destinazione è Jackson, New Hampshire, nel cuore delle White Mountains. Sono molto ansiosa di raggiungere Jackson, sia per la bellezza delle White Mountains sia perché ho delle grandi aspettative sulla camera in cui andremo a pernottare, un Cottage Deluxe presso il Christmas Farm and Inn (prenotato anche questo su booking, $876,00 per 4 notti, colazione compresa). La route 2 verso Jackson è una splendida strada immersa nel verde, a San Johnsbury imbocchiamo la 302 ed entriamo nel cuore delle White Mountains. Il panorama si riempie di piccoli paesi, cascatelle ai lati della strada, indicazioni di sentieri praticamente ovunque e aree di sosta con i consueti tavolini con barbecue. Ne scegliamo una all’interno del Crawford Notch State Park per il nostro pranzo al sacco proprio accanto ad un bellissimo laghetto, tutto intorno è pace e natura, questo angolo di New Hampshire è veramente un piccolo paradiso di tranquillità. Terminato il pranzo raggiungiamo in poco tempo Jackson e il nostro albergo. La nostra sistemazione è al di sopra di qualsiasi aspettativa: abbiamo un cottage autonomo, praticamente una casetta tutta per noi con 2 camere da letto con relativo bagno e una sala con camino. Gli spazi sono molto ampi e il tutto è completamente immerso nel verde, a pochi passi dalla struttura principale dove viene servita la colazione (e volendo la cena), dalla SPA e dalla piscina coperta. Al di la della strada rispetto ai cottage e alla struttura principale c’è la piscina all’aperto, con tanto di bar aperto solitamente nei week end. Altra chicca della struttura: nel prato di fronte alla struttura principale c’è un’area in cui ci si può sedere accanto ad un falò che viene acceso nelle ore serali e in cui si possono ovviamente cuocere i famosi marshmallow. Noi ne approfittiamo la terza sera, cena al ristorante ( molto buona e l’ambiente è davvero carino ) e poi subito a cuocere i marshmallows! Avevo cioccolato ovunque ma caspita se ne è valsa la pena!!!
La prima sera, dopo una veloce passeggiata a Conway, ceniamo al McGrath’s Tavern di North Conway, che anche in questo caso vi consiglio vivamente. Personale gentile e socievole, quasi tutti molto giovani, bell’ambiente ( è in stile Irish Pub ), ottimo cibo e ottima birra locale!
Il secondo giorno, dopo un’abbondante colazione, ci dirigiamo verso la KancamagusByway, una favolosa strada panoramica di 34 miglia che collega Conway a Lincoln passando per il Kancamagus Pass. E’ una strada ben segnalata ( Route 112, Kancamagus ) con moltissime possibilità di escursioni, bagni e soste in mezzo ad una natura quasi incontaminata. Non c’è alcun pedaggio all’ingresso, viene invece richiesto il pagamento per la sosta in alcune aree (3$ valido per l’intera giornata ), si paga direttamente nell’area di sosta compilando un foglietto e mettendo i soldi nell’apposita cassettina, come d’uso in molti parchi degli States.
Ci fermiamo a visitare l’Albany Covered Bridge, un bellissimo ponte coperto del 1858, poi vorremmo fermarci subito alle Lower Falls, dove c’è una delle swimming hole più belle della zona con scivoli di roccia lisci e ottimi per giocare un po’, ma siamo sfortunati, l’area è chiusa per lavori e quindi proseguiamo oltre, con lo sguardo incollato a quello che sicuramente sarebbe stato veramente un bel posto per fare un bagno divertente con Lorenzo. Arriviamo alla Rocky Gorge Scenic Area, dove con una breve passeggiata dal parcheggio ( fattibile con il passeggino, è una strada non asfaltata ma è in piano ) si raggiunge il Rocky Gorge, una piccola cascata molto bella, con ponte pedonale che permette di attraversare il fiume. Ci sono alcuni tavolini da pic-nic, ma sono al sole e quindi decidiamo di proseguire oltre. La strada sale fino al Kancamagus Pass, prima e dopo il passo ci sono due aree di sosta panoramiche, la vista sulle White Mountain da qui è veramente stupenda e decidiamo di fermarci qui per pranzare. Non ci sono tavolini da pic nic ma c’è una struttura in legno tipo gazebo che si adatta perfettamente a zona pranzo, tutto intorno è silenzio, alberi e montagne.
Mangiamo scambiando due chiacchere con un ciclista incuriosito dalle nostre magliette ( prodotte anche in quest’occasione da Gianni prima della partenza ) e poi ci rimettiamo in strada verso Lincoln, dove ci fermiamo per una piccola pausa a base di ciambelle e caffè da Dunkin’ Donuts.
Da Lincoln prendiamo la 3 in direzione nord verso Twin Mountain, ci fermiamo al parcheggio del Flume Gorge, Lorenzo dorme quindi vado solo io al visitor center per capire se la visita alla gola sia fattibile con il passeggino. Purtroppo non lo è…ci sono molti gradini e la strada è ovviamente piccola e in alcune parti molto scivolosa. Si potrebbe arrivare comunque vicino alla gola con un pullmino, ma non sarebbe la stessa cosa così decidiamo di procedere oltre. Procediamo così lungo la 3 e poi la NH 302 facendo un percorso circolare che ci riporterà nel nostro meraviglioso cottage, ma prima ci fermiamo a fare shopping in quella che per me è una sosta obbligata: il Bartlett Bridge Gift Shoppe, a Bartlett. E’ un ponte coperto reinventato come gift shop, se volete portare con voi qualche souvenir della zona è sicuramente il posto che vi consiglio maggiormente!
Terminiamo la nostra giornata nella piscina coperta del nostro complesso e la sera andiamo a cena al Red Parka Steak House & Pub, un posto veramente molto carino a Glen, dove Gianni finalmente trova le costine alla salsa barbecue, io mangio un ottimo veggie burger fatto in casa e Lorenzo una buona pizza baby.
Il giorno dopo avevamo programmato una gita sul Mount Washington Cog Railway, ma purtroppo il tempo non è dei migliori, è nuvolo e minaccia pioggia. Controlliamo la web cam del monte e capiamo subito che sarebbe inutile salire, il panorama è identico a quello milanese di un giorno di nebbia, così decidiamo di fare colazione con calma e poi ci dirigiamo verso il Franconia State Park. Il cielo si apre per fortuna, facciamo una bellissima passeggiata fino a The Basin ( percorribile tranquillamente anche col passeggino ) e pranziamo in un bellissimo tavolino accanto al fiume in compagnia di un paio di simpatici scoiattoli. Il letto del fiume è un’unica roccia levigata dall’acqua, ci fermiamo su una roccia asciutta per vedere se Lorenzo vuol fare il bagnetto, ma l’acqua è fredda come il ghiaccio, anche Lorenzo si rifiuta di mettere i piedini a bagno! Dopo pranzo torniamo verso casa percorrendo la Bear Notch Road ( una bellissima strada panoramica che collega la Kancamagus alla 302 ) e poi andiamo a fare un bagno all’Echo Lake State Park. La sera optiamo per una cena al ristorante del Christams Farm con tanto di marshmellows con cioccolato fuso attorno al falò nel silenzio delle White Mountains. Un’esperienza davvero molto suggestiva.
L’ultimo giorno nel New Hampshire è purtroppo un giorno di pioggia, così decidiamo di andare a fare un po’ di spesa, il bucato ( c’è una bellissima lavanderia american style a Glen, all’interno di un’area per campeggio ) pranziamo al GLEN JUNCTION FAMILY RESTAURANT ( se avete dei bimbi piccoli e siete in zona andateci, i vostri bimbi rimarranno affascinati dal trenino che percorre il locale ) e dopo il pisolo di Lorenzo ci dedichiamo alla piscina coperta. Per cena scegliamo il RED FOX BAR & GRILL appena oltrepassato il ponte coperto di Jackson, un posto veramente molto carino in cui avevamo già provato ad andare la seconda sera ma avevamo desistito dall’ora e mezza di attesa. Oggi invece il locale è praticamente vuoto e la stanza di giochi per i bimbi è tutta a disposizione di Lorenzo. La cena è molto buona, anche se poi purtroppo la notte e il giorno dopo sia io che Lorenzo siamo stati male… difficile dire se sia stato qualcosa che abbiamo mangiato o meno, diciamo che ci sono ottime possibilità, ma probabilmente, visto anche l’afflusso di gente locale, siamo stati semplicemente sfortunati noi.
14-15 AGOSTO
Dopo un viaggio di circa 6 ore ( per me infinito dato che stavo malissimo…e credo infinito anche per Gianni che doveva assistere anche il piccolo Lorenzo che non stava bene, ma che comunque è stato bravissimo ) arriviamo a Lubec, Maine, il punto più orientale degli USA su terraferma. Lubec è una cittadina incantevole, piccola, tranquilla, in cui sembra che il tempo si sia fermato. Troviamo con facilità il Water Street Tavern Inn & B&B ( prenotato via mail, sito http://www.watersttavernandinn.com/, $ 291,60 per due notti ), l’accoglienza è un po’ confusionaria perché i proprietari ( persone molto alla buona e cortesi, ma probabilmente poco organizzati … per farvi capire la prenotazione era scritta a matita su un calendario ) avevano segnato 1 notte anziché due nonostante avessi già pagato in anticipo con la carta di credito. Dopo qualche controllo ci danno la stanza, la Narrow Suite…dire che è meravigliosa è sicuramente riduttivo. Un appartamento spazioso con una sala molto grande con cucina, una camera da letto, bagno, spazio con lavatrice e asciugatrice, e soprattutto 3 meravigliose grandi finestre con vista sul faro Mulholland Light, sulla baia e con le foche che nuotano a pochi passi da noi. Semplicemente il paradiso. La prima sera non ci godiamo molto Lubec, io mi fiondo a letto per cercare di recuperare la nottataccia e la terribile giornata, Lorenzo e Gianni che stanno bene fanno due passi poi, complice anche una leggera pioggerella, tornano a cenare in camera.
Il secondo giorno mi sono completamente ripresa, ci svegliamo alle nove, che in realtà sono le otto ( il Canada è talmente vicino che gli orologi prendono l’ora canadese che è un’ora avanti rispetto a noi ) e subito andiamo a fare colazione nell’unico posto che troviamo aperto, il The Inn on the Wharf. La colazione è ottima e il posto è veramente bello, silenzioso e con una splendida vista sull’acqua e le isole di fronte a noi. Una nota di merito va al Fisherman’s Breakfast: uova, bacon, patate, pancake…e probabilmente ancora qualcosa che non ricordo. Gianni ne è rimasto entusiasta, tanto da prenderlo anche il giorno successivo. Finita la colazione ci dirigiamo subito vesto la nostra meta di oggi, il vicino Quoddy Head State Park. Il parco si raggiunge in una decina di minuti in auto, non c’è stazione di pagamento, si paga semplicemente mettendo la quota nelle cassette all’ingresso del parco. A pochi metri dal parcheggio eccolo lì, il West Quoddy Light, uno dei fari più belli del Maine. La giornata è molto bella, c’è un po’ di vento ma il sole rende i colori brillanti e le strisce bianche e rosse del faro con il blu dell’oceano come sfondo credo siano un sogno per ogni fotografo e infatti perdiamo Gianni quasi subito. Io e Lorenzo facciamo un giro e lasciamo tempo per le foto al papà Gianni, visitiamo il centro visitatori all’interno del faro e poi percorriamo il sentiero alla sinistra del faro ( Coast Guard Trail ). E’ un sentiero molto carino attraverso il bosco, ci sono pochi punti panoramici ma proprio sulla punta c’è una bella piattaforma in legno da cui si gode un panorama mozzafiato. Con il senno di poi vi consiglio invece i percorsi che partono alla destra del faro, che vi permettono anche di scendere ad una piccola spiaggia. Noi avremmo voluto farli nel pomeriggio ma purtroppo quando siamo tornati poco prima del tramonto le nuvole si erano abbassate talmente tanto da rendere qualsiasi cosa praticamente invisibile, faro compreso.
Dopo il Coast Guard Trail pranziamo al sacco in uno dei tavolini accanto al faro, poi ci fermiamo all’immancabile Gift Shop sulla strada verso Lubec.
La sera decidiamo di cenare al ristorante del Water Street Tavern, ottima cena a base di pesce in simpatica compagnia della musica dal vivo di un ragazzo del luogo.
16-20 AGOSTO
Arriviamo all’Acadia National Park dopo aver percorso la Bold Coast Scenic Byways da Lubec a Milbridge. Proseguiamo poi lungo la 1 fino a West Gouldsboro e prendiamo la 186 che ci porta fino alla Schoodic Peninsula. Ci fermiamo a pranzo al Frazer Point, subito all’ingresso della strada panoramica di 6 miglia che percorre la penisola, dove c’è una bellissima area pic nic fronte oceano, fari e isole. Dopo pranzo percorriamo la strada panoramica e poi puntiamo diretti verso la nostra meta, l’Acadia Inn a Bar Harbor ( $ 820,00 per 4 notti, prenotato su Booking ). L’albergo è molto carino, a pochi minuti in auto dal paesino di Bar Harbor, raggiungibile anche con una navetta gratuita che passa proprio sotto la hall dell’hotel. La camera è spaziosa e silenziosa, c’è una piscina esterna e l’ingresso dell’Acadia National Park è a 10 minuti da qui.
Il primo giorno lo vorremmo dedicare alla Park Loop Road, ma è molto nuvoloso e di tanto in tanto una pioggerella ci accompagna lungo la strada. Entriamo comunque nel parco pagando il pass di ingresso ( 20 $ ad auto, valido per 7 giorni ), parcheggiamo al parcheggio di Sand Beach e imbocchiamo il sentiero Ocean Trail. L’ocean trail è veramente molto bello, se avete tempo fatelo, anche solo un pezzo, perché ne vale davvero la pena. Costeggia la strada che si può percorrere in auto ma farla a piedi è davvero spettacolare. Noi la percorriamo per circa 15 minuti e con il panorama avvolto dalle nuvole, poi purtroppo inizia a piovere e torniamo al parcheggio e proseguiamo in auto. Ci fermiamo al Thunder Hole, ma c’è bassa marea quindi niente acqua nell’insenatura, e alle Otter Cove, dove lo spettacolo degli scogli di granito rosa e nero è stupendo anche in una giornata grigia come oggi. Ricomincia a piovere, così decidiamo di tornare a Bar Harbor per pranzo e poi in albergo per il pisolo di Lorenzo. La sera torniamo a Bar Harbor e dopo un giretto nel paesino che ci piace da subito tantissimo e dopo aver prenotato il biglietto per il whale watching della mattina successiva scendiamo a cena allo Stewman’s Downtown, un bellissimo ristorante su un molo del porto.
La mattina del secondo giorno è dedicata al Whale Watching con un’uscita in barca di circa 4 ore, partenza ore 8:30. Un’esperienza che credo non dimenticherò mai nella mia vita! Vedere questi meravigliosi giganti del mare da vicino è senza dubbio una cosa che ti tocca profondamente il cuore. La balena che avvistiamo (Midnight) rimane con noi per circa mezz’ora, il capitano della barca ha un’incredibile abilità di manovra e nel giro di pochi secondi gira la barca per fare vedere la balena in risalita una volta al lato sinistro e una volta al lato destro, evitando così che la gente si sposti sulla barca. Lorenzo è rimasto affascinato da Midnight, io e Gianni pure, e così credo chiunque fosse con noi ad ammirarla. Nel tragitto di ritorno ci affiancano anche un gruppo di delfini, a chiudere in bellezza una mattinata davvero indimenticabile. Per pranzo ci fermiamo sul molo, nel ristorante che si trova subito a sinistra scendendo dalla barca e il pomeriggio, dopo il consueto riposo di Lorenzo, andiamo a vedere il tramonto al faro di Bass Harbor. Anche qui un consiglio, andateci al tramonto se potete! Il sole cala esattamente dietro il faro ed i colori del cielo e dell’oceano sono strepitosi. In più c’è davvero poca gente, oltre a noi ci saranno state una decina di persone, molte delle quali armate di macchina fotografica come Gianni per cogliere ogni momento di quello spettacolo della natura.
Per cena ci fermiamo in un grazioso ristorante a Southwest Harbor dove ci concediamo una cena stile bretone con ostriche e cozze a volontà.
Il terzo giorno lo dedichiamo a Lorenzo, che fino ad ora ci ha sopportato e seguito in maniera impeccabile. E’ una bellissima giornata e subito dopo colazione torniamo a Sand Beach. C’è il sole e si vede… il parcheggio che due giorni fa era praticamente vuoto oggi non ha nemmeno un posto per cui parcheggiamo lungo la strada appena troviamo posto. Un consiglio: se iniziate a vedere macchine parcheggiate prima dell’indicazione del parcheggio, parcheggiate lì. La strada in questo tratto è a senso unico, una volta entrati nel parcheggio non potrete tornare indietro, se non c’è posto dovrete comunque proseguire oltre. La discesa alla Sand Beach è a scale quindi lasciamo il passeggino all’imbocco della scalinata e scendiamo a piedi. La spiaggia è veramente bellissima, c’è molta gente ma gli spazi sono ampi e quindi ci si può stendere tranquilli. L’acqua è gelata ( d’altra parte è oceano ), con tutta la buona volontà non siamo riusciti a fare il bagno. Nemmeno Lorenzo che di solito si tuffa ovunque ha avuto il coraggio di entrare completamente in acqua, è rimasto coi piedini a bagno a giocare nella sabbia per un sacco di tempo, ma oltre non è andato nemmeno lui. Abbiamo pranzato in spiaggia in compagnia di una famiglia italiana trasferitasi negli USA da qualche anno e con un bimbo della stessa età di Lorenzo, poi nel primo pomeriggio abbiamo deciso di completare la Park Loop approfittando del pisolo di Lorenzo in auto. Oltrepassiamo Jordan Pond perché il parcheggio è inavvicinabile e proseguiamo fino alla cime della Cadillac Mountain, la vetta costiera più alta degli USA. La giornata è davvero bella e il panorama a 360° è davvero meraviglioso.
Terminata la Park Loop torniamo in albergo per una doccia al volo ed usciamo poi subito per fare due passi per Bar Harbor lungo la Shore Path (una bellissima passeggiata sull’oceano) al tramonto. In una strada laterale che collega la shore path alla Main Street facciamo uno degli incontri più emozionanti della vacanza: una famiglia di bellissimi daini, mamma, papà e due piccoli. Ci attraversano la strada passando dal giardino di una casa a quello di un’altra, completamente a loro agio.
Per cena ci fermiamo in un grazioso ristorante sulla Main Street con giardino esterno e lucine sugli alberi, poi prima di tornare in albergo ci concediamo un bel giro di shopping nei negozi che si affacciano sulla via principale, praticamente tutti aperti fino alle 22:00.
20-21 AGOSTO
Lasciamo l’Acadia National Park con un po’ di nostalgia, ci sarebbe piaciuto fermarci di più ma già 4 giorni in un viaggio itinerante come il nostro sono stati una buona soluzione. Percorriamo la strada costiera della Penosbcot Peninsula incontrando bellissimi paesini di pescatori, ci fermiamo a fare qualche foto al bellissimo Blue Hill Lightouse e proseguiamo fino a Fort Knox. Visitiamo il forte ( $ 4,50 ad adulto non residente, se volete è possibile visitare a pagamento anche il Penobscot Narrow, un’osservatorio con vista a 360° da 138 m di altezza) e ci fermiamo per il consueto pranzo al sacco al Fort Point State Park, un posto veramente molto bello con un faro privato a picco sull’oceano, tavolini da pic nic posti in “piazzolle” o tra gli alberi o fronte mare, e tanto, tanto silenzio. Oltre a noi ci saranno si e no 5/6 persone, ma troviamo anche qui modo di chiacchierare con un simpatico americano che, sentendoci parlare, ci spiega di avere parenti in Italia e pronuncia in maniera impeccabile anche qualche frase in italiano. Dopo pranzo ci rimettiamo in auto, la nostra metà è il Pemaquid Point Lighthouse, uno dei fari più attesi da Gianni per le sue straordinarie qualità fotogeniche. Arriviamo al faro attorno alle 17:00, non trovando nelle vicinanze un posto per la notte ( l’unico posto carino aveva a disposizione solo una camera singola, c’è poi un albergo di lusso e a 4/5 miglia un motel dove onestamente non avrei mai dormito… ) decidiamo di goderci il faro dato che fortunatamente negli States difficilmente si ha difficoltà a trovare una sistemazione per la notte spostandosi vero le strade principali. Il faro e il paesaggio attorno sono bellissimi, le aspettative di Gianni sono assolutamente rispettate e forse superate. La scogliera sotto il faro è composta da rocce con scanalature verticali in direzione del faro regalandogli quindi una prospettiva quasi unica. Passiamo quasi due ore al faro, poi ci rimettiamo in strada alla ricerca di un motel. La ricerca si rivela in realtà più difficile del previsto, ci sono molti B&B in zona ma pochi motel per cui ci dirigiamo subito verso Boothbay Harbor, dove arriviamo attorno alle 20:00. Il paesino è carino ma sembra quasi deserto, poche le insegne accese soprattutto di posti in cui poter cenare, decidiamo così di tornare qualche miglio indietro fino al Flaghsip Inn sulla 27 ( per il quale abbiamo un coupon, $79,99 per camera queen size e prima colazione ) che ha vicino alcuni posti in cui poter cenare. Vista la tarda ora potrebbero anche non accettare il coupon, invece non ci fanno alcun problema e ci danno subito la camera, spaziosa e pulita. Ci cambiamo per uscire a cena, poi l’idea geniale: e se ci prendessimo qualcosa al volo e tornassimo a cenare tranquilli in camera? Detto fatto, prediamo dei buonissimi tranci di pizza e focaccia nel locale proprio di fronte al Motel e ritorniamo in camera. Una serata improvvisata ma davvero davvero bella.
Il giorno dopo ripartiamo, tappa di questa mattina: Freeport. Un po’ di sano shopping non guasta mai, in più siamo curiosi di vedere come sia questa piccola cittadina di outlet. Freeport è molto carina, piccola e piena di negozi, per lo più di abbigliamento. La giornata è nuvolosa e ci concediamo tutta la mattinata a zonzo, Gianni fa un acquisto da record al negozio North Face ( 50 $ circa per una giacca dal valore iniziale di 400$ ), svaligiamo praticamente il negozio Nike ( le scarpine per Lorenzo costavano attorno ai 20$, 12,99$ per un paio di Nike Air ) e Gap, prendiamo qualche maglietta e souvenir al bellissimo e caratteristico Mangy Moose ( per chi come noi è rimasto affascinato dai moose è un negozio da visitare ), poi per pranzo ci allontaniamo un po’ dalla zona centrale e ci fermiamo poco lontano, sempre sulla Main Street, in un bel Mc Donald ricavato da una casa in stile vittoriano. Inizia a piovere, così ci rimettiamo in macchina ed optiamo per avvicinarci a Boston di modo da percorrere poi solo poche miglia la mattina successiva e arrivare a destinazione in mattinata. Anche in questo caso sfruttiamo un coupon ( prendete sempre le riviste gratuite con i coupon di sconto per gli alberghi che si trovano in molti negozi, supermercati e fast food) e pernottiamo a Wells, al Sea Mist Resort Motel ( $ 49,00 camera queen size con divano letto aggiuntivo e cucina ) dove ci concediamo un’oretta di relax nella piscina coperta. Per cena scegliamo un posto molto caratteristico, il Fisherman’s Catch. C’è un po’ di attesa, ma il posto è talmente carino che decidiamo di aspettare: tavoloni in legno da condividere con altri commensali, rotoli di carta assorbenti che penzolano dal soffitto ad uso tovaglioli, simpatiche aragoste disegnate ovunque, cortesia del personale e soprattutto ottimi piatti a prezzi onestissimi.
Una nota che fino ad ora ho omesso: nonostante il Maine sia la patria dell’aragosta, noi abbiamo scelto di non mangiarla. Io per etica personale, perché al di là del mio essere vegetariana non potrei mai mangiare qualcosa che viene cucinata viva, Gianni per rispetto delle mie convinzioni. Ovunque sulla costa del Maine troverete locali in cui cucinano l’aragosta, spesso sono piccoli posti con un pentolone di acqua bollente sempre sul fuoco, l’aragosta qui è sicuramente una delle “attrazioni” principali…ma pensateci bene prima di ordinarla, a mio avviso ci sono cose a cui ognuno di noi dovrebbe pensare prima di mettersi a tavola, aragosta o non.
Dopo questa parentesi animalista ritorniamo al viaggio
22-24 AGOSTO
Prima di arrivare a Boston ci fermiamo sulla spiaggia di Ogunquit, la spiaggia più bella del Maine. E’ una striscia di sabbia finissima lunga 5 km che si affaccia da un lato sull’oceano e dall’altro sull’Ogunquit River, davvero molto bella, peccato che oggi sia una giornata grigia e faccia anche freddino, altrimenti qualche ora di gioco sulla sabbia non ce l’avrebbe tolta nessuno.
L’ingresso a Boston è un po’ difficoltoso, sbagliamo uscita ( colpa mia ), l’unico ponte autostradale davanti a noi sembrerebbe percorribile solo con un pass, per cui traffichiamo non poco per trovare una strada alternativa. Per fortuna il navigatore ci assiste ed arriviamo al nostro albergo ( The Copley House, $720,00 + 15$ al giorno per parcheggio privato, suite con 1 camera da letto e cucina ) attorno alle 12:00. All’arrivo ci assegnano una stanza nel seminterrato, decisamente diversa da quella mostrata su booking ed è la prima volta che mi capita. Faccio presente il tutto alla ragazza della reception, che dapprima cerca di spiegarmi che tutte le stanze hanno metratura uguale e che sul sito non possono mettere tutte le immagini, poi mi propone un cambio con un appartamento al terzo piano di un’altra palazzina. Andiamo a vederlo ed è tutta un’altra cosa! Quello era l’appartamento pubblicizzato sul sito, non tenuto benissimo ma comunque molto spazioso e luminoso con cucina a vista e mobili moderni. Cambiamo quindi stanza, contenti della nuova sistemazone. La zona è molto bella, in piena Back Bay, a 5 minuti a piedi dal Prudential Center, dalla metro ( linea green e orange ) e dalle fermate di molti autobus, con case in mattoni in stile vittoriano e alberi lungo i viali. Pranziamo al 5 Napkins del Prudential Center, torniamo in camera per un pisolino e poi usciamo per andare al Boston Children Museum, che il venerdì è aperto fino alle 21 e dalle 17 costa 1$. Arrivati al Museo troviamo invece l’amara sorpresa: oggi era giornata di musei aperti ( e gratuiti ), per cui l’orario visita terminava alle 17:00. Come noi fuori dal museo ci sono molte famiglie deluse con bimbi in lacrime, per nostra fortuna Lorenzo è ancora piccolo per capire, rimandiamo la visita al giorno successivo e ci addentriamo a piedi per Boston, un po’ a casaccio. Boston è una città che si può girare tranquillamente a piedi, attraversiamo la zona finanziaria coi suoi bellissimi grattacieli e ci dirigiamo verso il Boston Common passando per Cheers! , meta bostoniana imperdibile per chi come me si era letteralmente innamorata della serie. Cheers! è esattamente come nella serie televisiva, vedere dall’esterno l’insegna e la scalinata mi ha fatto davvero venire le farfalle nello stomaco. Anche l’interno è stato mantenuto pressoché uguale, noi ci concediamo qui una buona cena a base di hamburger e ottima birra. La serata è bella e la città molto tranquilla, così dopo cena facciamo una bella camminata fino al nostro appartamento.
La giornata del sabato la dedichiamo finalmente al Boston Children Museum (14$ l’ingresso, bimbi compresi), se visitate Boston con un bimbo dall’anno e mezzo in su portatecelo assolutamente! Anche se piccoli i vostri bimbi troveranno degli spazi adatti a loro per giocare, sperimentare, e ridere ridere ridere! Non credo che in Italia ci sia nulla di paragonabile a questo posto, è un’enorme ludoteca istruttiva a dimensione di bambino dove anche gli adulti si divertono un sacco. Potete portarvi il pranzo da casa o, come noi, prender qualcosa al ristoro interno. Ci sono anche degli spazi per la nanna per i bimbi più piccoli. Noi rimaniamo al museo fino alle 15:00 più o meno poi, complice un ditino schiacciato in un giochino, torniamo all’appartamento per concedere il giusto riposo a Lorenzo dopo una mattinata di iper attività.
Nel tardo pomeriggio andiamo al Fenway Park, casa dei Red Sox. Arriviamo poco dopo la fine di una partita e ci troviamo contro corrente rispetto al flusso di tifosi in uscita dallo stadio. Proviamo a vedere se riusciamo a entrare da qualche ingresso o anche solo a sbriciare dentro, ma senza successo. E’ comunque bella l’atmosfera che si respira confondendosi tra la folla con le magliette rosse. Ci concediamo una pausa merenda vicino allo stadio e poi torniamo a piedi fino al Prudential Center. Entriamo e ci imbattiamo nella zona ristoranti/take away: c’è veramente di tutto, dal cinese ai piatti vegetariani, dagli hamburger al sushi fatto al momento, viene l’acquolina in bocca solo a passare da lì. Facciamo due più due: è quasi ora di cena, c’è del buon cibo, abbiamo un bell’appartamento a pochi passi…. cena a casa! Così prendiamo dei piatti da asporto, delle brioschine per la mattina successiva e passiamo una bellissima serata nella tranquillità del nostro appartamento.
L’ultimo giorno seguiamo quello che solitamente è il primo “passo” alla scoperta di Boston, il Freedom Trail. In realtà lo seguiamo un po’ costretti, perché l’autobus che avrebbe dovuto portarci ai moli di Charleston dove sono ormeggiate la Uss Cassin Young e la Uss Constitution molto probabilmente la domenica non fa servizio. Aspettiamo quasi un’ora alla fermata di Haymarket, poi rassegnati proseguiamo a piedi non sapendo che avremmo percorso alcune delle strade più caratteristiche di Boston. Seguire il Freedom Trail è secondo me il modo migliore per visitare Boston, si percorrono vicoli bellissimi, si aprono scorci spettacolari e si tocca davvero la storia di questa città. Seguiamo i mattoni rossi da Haymarket alle navi, che visitiamo entrambe ( per salire sulla USS Constitution, la più antica nave della marina statunitense ancora galleggiante, si passa per una serie di controlli stile aeroporto, con tanto di richiesta di passaporto! ) poi dal molo accanto alla Uss Cassin Young prendiamo il Water Shuttle fino a Long Warf, a pochi passi dall’acquario. Abbiamo superato da un po’ l’ora di pranzo e la fame inizia a farsi sentire, andiamo quindi al Quincy Market, un vecchio mercato riadattato a enorme mercato di cibi da strada di ogni tipo e provenienza. Sembra che tutta Boston si sia concentrata qui, all’interno del mercato c’è una gran confusione, è molto bello ma c’è un po’ troppo caos per girare con Lorenzo, per cui optiamo per pranzare in uno dei tanti posti proprio al suo esterno. La zona qui è molto vivace, ci sono moltissimi negozi e decidiamo di tornarci prima di cena per gli ultimi acquisti della vacanza. Riprendiamo la metro fino all’appartamento, solito momento di riposo, e poco prima di uscire mi viene un dubbio: fino a che ora saranno aperti il Quincy Market e il Faneuil Hall Marketplace? Per fortuna la mia buona stella mi ha detto di controllare: la domenica il complesso chiude alle 19, per cui non faremmo in tempo ad arrivare. Controllo allora anche il Pridential Center, idem. A differenza di quanto accade da noi, dove solitamente nel week end i centri commerciali hanno orari di apertura più lunghi, a Boston la domenica chiude tutto prima. Andiamo di corsa al Prudential Center per ripetere il rito della cena della sera precedente ma prima di tornare a casa facciamo due passi nello splendido Reflecting Pool.
Il 25 agosto è il giorno di rientro. La vacanza è stata lunga ma ci sembra passata in un soffio. Sembra ieri che ritiravamo i bagagli a Pittsburgh e oggi dobbiamo imbarcarli per Malpensa. Sfruttiamo tutto il tempo possibile, la mattina facciamo un giretto nel nostro quartiere e qualche ultimo acquisto al Prudential Center. Dopo 3 giorni di meritato riposo riprendiamo la nostra macchina in direzione aeroporto, salutando Boston e con lei gli Usa.
Qualche dato “economico”. Per i voli e il noleggio auto abbiamo speso in totale circa 4200 €, assicurazioni incluse (sanitarie e non).
Per gli alberghi siamo passati da un minimo di $ 49,90 a un massimo di 219 $ a notte, diciamo in media sui 90/100$ a notte. E’ una media abbastanza alta ( almeno per noi e per quello che ovviamente gli States hanno da offire ), si può tranquillamente pernottare in posti più che dignitosi e spendere meno. Noi ci siamo fatti trasportare da alcune soluzioni prenotate in anticipo online, ma nelle giornate “libere” da prenotazioni siamo sempre stati sotto i 100$.
Per pranzi e cene, essendo abituati ai prezzi milanesi tutto ci è sempre sembrato costare veramente poco. Per pranzo abbiamo quasi sempre optato per soluzioni al sacco facendo di volta in volta la spesa nei supermercati locali, per cena la media direi sui 50/60 $ in 3.
Non è sicuramente la vacanza più economica del mondo, ma nemmeno una di quelle più costose.
Tutto negli Usa è a misura di famiglie e bambini, quasi tutti i ristoranti hanno il fasciatoio, un set di pastelli con relativa tovaglietta da colorare e il kids menu. Tutte le attrazioni fatte sono gratuite sotto i 3 anni, insomma…se avete qualche dubbio su come il vostro bimbo sarà accolto negli States non preoccupatevi!! E’ brutto dirlo da italiana e da amante del paese in cui vivo, ma il livello di attenzione per famiglie e bambini negli Stati Uniti è di gran lunga superiore a quello che troviamo da noi. Basti come esempio il fatto che nell’aeroporto di Boston, vicino a molti gate, ci sono delle grandi aree gioco dove i bambini possono passare il tempo in attesa del proprio volo.
Insomma, per concludere questo lungo racconto che spero possa esser stato di aiuto a qualcuno e di non aver annoiato i più, posso dire che questo viaggio ha confermato il nostro amore per gli Stati Uniti, dove speriamo di tornare presto, magari con un altro fagotto con noi.